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1207 lines
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TeX

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\title{Schede riassuntive di Geometria 1}
\begin{document}
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\raggedright
\footnotesize
\begin{center}
\Large{\textbf{Schede riassuntive di Geometria 1}} \\
\end{center}
\begin{multicols}{3}
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\subsection{Alcuni accenni alla geometria di $\RR^3$}
Si definisce prodotto scalare la forma
bilineare simmetrica unicamente determinata da $\innprod{\vec{e_i}}{\vec{e_j}} = \delta_{ij}$. Vale la seguente identità: $\innprod{(x, y, z)}{(x', y', z')} = xx' + yy' + zz'$.
Inoltre $\innprod{\vec{a}}{\vec{b}} = \card{\vec{a}} \card{\vec{b}} \cos(\theta)$, dove $\theta$ è l'angolo compreso tra i due vettori.
Due vettori $\vec{a}$, $\vec{b}$ si dicono ortogonali
se e solo se $\innprod{\vec{a}}{\vec{b}} = 0$.
Si definisce prodotto vettoriale la forma bilineare alternante
da $\RR^3 \times \RR^3$
in $\RR^3$ tale che $\vec{e_1} \times \vec{e_2} = \vec{e_3}$,
$\vec{e_2} \times \vec{e_3} = \vec{e_1}$,
$\vec{e_3} \times \vec{e_1} = \vec{e_2}$ e
$\vec{e_i} \times \vec{e_i} = \vec{0}$. Dati due
vettori $(x, y, z)$ e $(x', y', z')$, si può determinarne
il prodotto vettoriale informalmente come:
\[ \begin{vmatrix}
\vec{e_1} & \vec{e_2} & \vec{e_3} \\
x & y & z \\
x' & y' & z'
\end{vmatrix} . \]
Vale l'identità $\card{\vec{a} \times \vec{b}} = \card{\vec{a}} \card{\vec{b}} \sin(\theta)$, dove $\theta$ è l'angolo con cui, ruotando di
$\theta$ in senso antiorario $\vec{a}$, si ricade su $\vec{b}$.
Due vettori $\vec{a}$, $\vec{b}$ si dicono paralleli se $\exists
k \mid \vec{a} = k \vec{b}$, o equivalentemente se
$\vec{a} \times \vec{b} = \vec{0}$. Altrettanto si può dire
se $\innprod{\vec{a}}{\vec{b}} = \card{\vec{a}} \card{\vec{b}}$ (i.e.
$\cos(\theta) = 1 \implies \theta = 0$).
Una retta in $\RR^3$ è un sottospazio affine della
forma $\vec{v} + \Span(\vec{r})$. Analogamente
un piano è della forma $\vec{v} + \Span(\vec{x}, \vec{y})$.
Nella forma cartesiana, un piano è della forma $ax+by+cz=d$,
dove $(a,b,c)$ è detta normale del piano. Una retta è
l'intersezione di due piani, e dunque è un sistema lineare
di due equazioni di un piano. Due piani sono perpendicolari
fra loro se e solo se le loro normali sono ortogonali. Due
piani sono paralleli se e solo se le loro normali sono parallele.
Il vettore $\vec{r}$ che genera lo $\Span$ di una retta che è
intersezione di due piani può essere computato come
prodotto vettoriale delle normali dei due piani.
Valgono le seguenti identità:
\begin{itemize}
\item $\vec{a} \times (\vec{b} \times \vec{c}) =
\innprod{\vec{a}}{\vec{c}}\,\vec{b} - \innprod{\vec{a}}{\vec{b}}\,\vec{c}$ (\textit{identità di Lagrange}),
\item $\vec{a} \times (\vec{b} \times \vec{c}) + \vec{b} \times (\vec{c} \times \vec{a}) + \vec{c} \times (\vec{a} \times \vec{b}) =
\vec{0}$ (\textit{identità di Jacobi}).
\end{itemize}
Dati tre punti $\vec{a}$, $\vec{b}$, $\vec{c}$, il volume
del parallelepipedo individuato da questi punti è:
\[\card{\det\begin{pmatrix}\vec{a} \\ \vec{b} \\ \vec{c}\end{pmatrix}} =
\card{\innprod{\vec{a}}{\vec{b} \times \vec{c}}}.\]
Tre punti sono complanari se e solo se il volume di tale parallelpipedo è nullo
(infatti questo è equivalente a dire che almeno uno dei tre punti
si scrive come combinazione lineare degli altri due).
\subsection{Proprietà generali di uno spazio vettoriale}
Uno spazio vettoriale $V$ su un campo $\KK$ soddisfa i seguenti
assiomi:
\begin{itemize}
\item $(V, +)$ è un gruppo abeliano,
\item il prodotto esterno da $\KK \times V$ in $V$ è
associativo rispetto agli scalari (i.e. $a(b\vec{v}) = (ab)\vec{v}$),
\item $1_{\KK} \cdot \vec{v} = \vec{v}$,
\item il prodotto esterno è distributivo da ambo i
lati (i.e. $(a+b)\vec{v} = a\vec{v} + b\vec{v}$ e
$a(\vec{v} + \vec{w}) = a\vec{v} + a\vec{w}$.
\end{itemize}
Un insieme di vettori $I$ si dice linearmente indipendente se
una qualsiasi combinazione lineare di un suo sottinsieme
finito è nulla se e solo se i coefficienti dei vettori
sono tutti nulli. Si dice linearmente dipendente in caso
contrario.
Un insieme di vettori $G$ si dice generatore di $V$ se ogni vettore
di $V$ si può scrivere come combinazione lineare di un numero
finito di elementi di $G$, ossia se $V = \Span(G)$.
Una base è un insieme contemporaneamente linearmente indipendente
e generatore di $V$. Equivalentemente una base è un insieme generatore
minimale rispetto all'inclusione e un insieme linearmente indipendente
massimale, sempre rispetto all'inclusione. Ogni spazio vettoriale,
anche quelli non finitamente generati,
ammettono una base. La dimensione della base è unica ed è il
numero di elementi dell'insieme che è base.
Dato un insieme linearmente indipendente $I$ in uno spazio di dimensione
finita, tale insieme, data una base $\basis$, può essere esteso
a una base $T$ che contiene $I$ e che è completato da
elementi di $\basis$.
Analogamente, dato un insieme generatore finito $G$, da esso
si può estrarre sempre una base dello spazio.
Uno spazio vettoriale fondato su un campo infinito
con un insieme di vettori infinito non
è mai unione finita di sottospazi propri. Un insieme linearmente
indipendente di $V$ con esattamente $\dim V$ elementi è una
base di $V$. Analogamente, un insieme generatore di $V$ con esattamente
$\dim V$ elementi è una base di $V$.
Sia $\basis = \{\vec{v_1}, \ldots, \vec{v_n}\}$ una base ordinata dello spazio vettoriale $V$.
\begin{itemize}
\item $\zerovecset$ e $V$ sono detti sottospazi banali,
\item lo $\Span$ di $n$ vettori è il più piccolo sottospazio
di $V$ contenenti tali vettori,
\item $\Span(\basis) = V$,
\item $\Span(\emptyset) = \zerovecset$,
\item dato $X$ generatore di $V$, $X \setminus \{\vec{x_0}\}$
genera $V \iff \vec{x_0} \in \Span(X \setminus \{\vec{x_0}\})$,
\item $X \subseteq Y$ è un sottospazio di $Y \iff \Span(X) = X$,
\item $\Span(X) \subseteq Y \iff X \subseteq Y$, se $Y$ è uno spazio,
\item $\Span(\Span(A)) = \Span(A)$,
\item se $I$ è un insieme linearmente indipendente di $V$,
allora $\card{I} \leq \dim V$,
\item se $G$ è un insieme generatore di $V$, allora
$\card{G} \geq \dim V$,
\item $[\vec{v}]_\basis$ è la rappresentazione
di $\vec{v}$ nella base ordinata $\basis$, ed è
un vettore di $\KK^n$ che alla coordinata $i$-esima
associa il coefficiente di $\vec{v_i}$ nella combinazione
lineare di $\vec{v}$ nella base $\basis$,
\item la rappresentazione nella base $\basis$ è sempre
unica ed esiste sempre (è quindi un isomorfismo tra $V$ e
$\KK^n$),
\item si definisce base canonica di $\KK^n$ la base
$e = \{\vec{e_1}, \ldots, \vec{e_n}\}$, dove
$\vec{e_i}$ è un vettore con tutte le coordinate nulle,
eccetto per la $i$-esima, che è pari ad $1$ (pertanto
$\dim \KK^n = n$),
\item una base naturale di $M(m, n, \KK)$ è data
da $\basis = \{E_{11}, E_{12}, \ldots, E_{1n}, \ldots, E_{mn}\}$,
dove $E_{ij}$ è una matrice con tutti gli elementi nulli, eccetto
quello nel posto $(i, j)$, che è pari ad $1$ (dunque
$\dim M(m, n, \KK) = mn$),
\item le matrici $A$ di taglia $n$ tali che $A^\top = A$ formano il
sottospazio $\Sym(n, \KK)$ di $M(n, \KK)$, detto sottospazio delle matrici
simmetriche, la cui base naturale è data da
$\basis' = \{E_{ij} + E_{ji} \in \basis \mid i < j\} \cup
\{E_{ij} \in \basis \mid i = j\}$, dove $\basis$ è la
base naturale di $M(m, n, \KK)$ (dunque $\dim \Sym(n, \KK) = \frac{n(n+1)}{2}$),
\item le matrici $A$ di taglia $n$ tali che $A^\top = -A$ formano il
sottospazio $\Lambda(n, \KK)$ di $M(n, \KK)$, detto sottospazio delle matrici
antisimmetriche, la cui base naturale è data da
$\basis' = \{E_{ij} - E_{ji} \in \basis \mid i < j\}$, dove $\basis$ è la
base naturale di $M(m, n, \KK)$ (dunque $\dim \Lambda(n, \KK) = \frac{n(n-1)}{2}$),
\item poiché $\Sym(n, \KK) \cap \Lambda(n, \KK) = \zerovecset$ e
$\dim \Sym(n, \KK) + \dim \Lambda(n, \KK) = \dim M(n, \KK)$,
vale che $M(n, \KK) = \Sym(n, \KK) \oplus \Lambda(n, \KK)$,
\item una base naturale di $\KK[x]$ è data da $\basis = \{x^n \mid
n \in \NN \}$, mentre una di $\KK_t[x]$ è data da $\basis \cap
\KK_t[x] = \{x^n \mid n \in \NN \land n \leq t\}$ (quindi
$\dim \KK[x] = \infty$ e $\dim \KK_t[x] = t+1$),
\item una base naturale di $\KK$ è $1_\KK = \{1_\KK\}$ (quindi
$\dim \KK = 1$),
\item un sottospazio di dimensione $1$ si definisce \textit{retta},
uno di dimensione $2$ \textit{piano}, uno di dimensione $3$
\textit{spazio}, e, infine, uno di dimensione $n-1$ un iperpiano,
\item un iperpiano $\Pi$ è sempre rappresentabile da un'equazione cartesiana
nelle coordinate della rappresentazione della base (infatti ogni
iperpiano è il kernel di un funzionale $f \in \dual{V}$, e $M^\basis_{1_\KK}(f) \, [\vec{v}]_\basis = 0$ è l'equazione cartesiana; è sufficiente prendere una base di $\Pi$ e completarla
a base di $V$ con un vettore $\vec{t}$, considerando infine
$\Ker \dual{\vec{t}}$).
\end{itemize}
\subsection{Applicazioni lineari, somme dirette, quozienti e
prodotti diretti}
Un'applicazione da $V$ in $W$ si dice applicazione lineare
se:
\begin{itemize}
\item $f(\vec{v} + \vec{w}) = f(\vec{v}) + f(\vec{w})$,
\item $f(\alpha\vec{v}) = \alpha f(\vec{v})$.
\end{itemize}
Si definisce $\mathcal{L}(V, W) \subseteq W^V$ come lo spazio delle
applicazioni lineari da $V$ a $W$. Si definisce
$\End(V)$ come lo spazio degli endomorfismi di $V$, ossia
delle applicazioni lineari da $V$ in $V$, dette anche
operatori. Un'applicazione lineare si dice isomorfismo
se è bigettiva. La composizione di funzioni è associativa.
Dato un sottospazio $A$ di $V$, si definisce lo spazio
quoziente $V/A$ come l'insieme quoziente $V/{\sim}$ della relazione
di equivalenza $\vec{a} \sim \vec{b} \iff a-b \in A$ dotato
dell'usuale somma e prodotto esterno. Si scrive $[\vec{v}]_A$
come $\vec{v} + A$ e vale che $A = \vec{0} + A$. In particolare
$\vec{v} + A = A \iff \vec{v} \in A$.
Siano $f : V \to W$, $h : V \to W$, $g : W \to Z$ tre
applicazioni lineari.
$\basis_V$ e $\basis_W$ sono
due basi rispettivamente di $V$ e $W$. In particolare
sia $\basis_V = \{\vec{v_1}, \ldots, \vec{v_n}\}$. Si
ricorda che $\rg(f) = \dim \Im f$. Siano $e$ ed $e'$ le
basi canoniche rispettivamente di $\KK^n$ e $\KK^m$.
\begin{itemize}
\item $f(\vec{0}_V) = \vec{0}_W$,
\item $\Ker f = f^{-1}(\vec{0}_W)$ è un sottospazio di $V$,
\item $\Im f = f(V)$ è un sottospazio di $W$,
\item $\Im f = \Span(f(\vec{v_1}), \ldots, f(\vec{v_n}))$,
\item $f$ è iniettiva $\iff \Ker f = \zerovecset$,
\item $V/\Ker f \cong \Im f$ (\textit{primo teorema d'isomorfismo}),
\item $\dim \Ker f + \dim \Im f = \dim V$ (\textit{teorema del rango}, o formula delle dimensioni,
valido se la dimensione di $V$ è finita),
\item $g \circ f$ è un'applicazione lineare da $V$ in $Z$,
\item la composizione di funzioni è associativa e distributiva
da ambo i lati,
\item $g \circ (\alpha f) = \alpha (g \circ f) = (\alpha g) \circ f$,
se $\alpha \in \KK$,
\item $\Ker f \subseteq \Ker (g \circ f)$,
\item $\Im (g \circ f) \subseteq \Im g$,
\item $\dim \Im (g \circ f) = \dim \Im \restr{g}{\Im f} =
\dim \Im f - \dim \Ker \restr{g}{\Im f} = \dim \Im f -
\dim (\Ker g \cap \Im f)$ (è sufficiente applicare la formula delle dimensioni sulla composizione),
\item $\dim \Im (g \circ f) \leq \min\{\dim \Im g, \dim \Im f\}$,
\item $\dim \Ker (g \circ f) \leq \dim \Ker g + \dim \Ker f$
sufficiente applicare la formula delle dimensioni su
$\restr{(g \circ f)}{\Ker (g \circ f)}$),
\item $f$ iniettiva $\implies \dim V \leq \dim W$,
\item $f$ surgettiva $\implies \dim V \geq \dim W$,
\item $f$ isomorfismo $\implies \dim V = \dim W$,
\item $g \circ f$ iniettiva $\implies f$ iniettiva,
\item $g \circ f$ surgettiva $\implies g$ surgettiva,
\item $f$ surgettiva $\implies \rg(g \circ f) = \rg(g)$,
\item $g$ iniettiva $\implies \rg(g \circ f) = \rg(f)$,
\item $M^{\basis_V}_{\basis_W}(f) = \begin{pmatrix} \; [f(\vec{v_1})]_{\basis_W} \, \mid \, \cdots \, \mid \, [f(\vec{v_n})]_{\basis_W} \; \end{pmatrix}$ è la matrice
associata a $f$ sulle basi $\basis_V$, $\basis_W$,
\item $M^V_W(f + h) = M^V_W(f) + M^V_W(h)$,
\item $M^V_Z(g \circ f) = M^W_Z(g) M^V_W(f)$,
\item data $A \in M(m, n, \KK)$, sia $f_A : \KK^n \to \KK^m$ tale
che $f_A(\vec{x}) = A \vec{x}$, allora $M^{e}_{e'}(f_A) = A$,
\item $f$ è completamente determinata dai suoi valori in una
qualsiasi base di $V$ ($M^{\basis_V}_{\basis_W}$ è un isomorfismo
tra $\mathcal{L}(V, W)$ e $M(\dim W, \dim V, \mathbb{K})$),
\item $\dim \mathcal{L}(V, W) = \dim V \cdot \dim W$ (dall'isomorfismo
di sopra),
\item $[\,]^{-1}_{\basis_W} \circ M^{\basis_V}_{\basis_W}(f) \circ
{[\,]_{\basis_V}} = f$,
\item $[f(\vec{v})]_{\basis_W} = M^{\basis_V}_{\basis_W}(f) \cdot
[\vec{v}]_{\basis_V}$,
\item $\Im(f) = [\,]^{-1}_{\basis_W}\left(\Im M^{\basis_V}_{\basis_W}(f)\right)$
\item $\rg(f) = \rg\left(M^{\basis_V}_{\basis_W}(f)\right)$,
\item $\Ker(f) = [\,]^{-1}_{\basis_V}\left(\Ker M^{\basis_V}_{\basis_W}(f)\right)$,
\item $\dim \Ker(f) = \dim \Ker M^{\basis_V}_{\basis_W}(f)$.
\end{itemize}
Siano $\basis_V'$, $\basis_W'$ altre due basi rispettivamente
di $V$ e $W$. Allora vale il \textit{teorema del cambiamento
di base}:
\[ M^{\basis_V'}_{\basis_W'}(f) = M^{\basis_W}_{\basis_W'}(id_W) \,
M^{\basis_V}_{\basis_W}(f) \, M^{\basis_V'}_{\basis_V}(id_V).\]
Siano $A$ e $B$ due sottospazi di $V$. $\basis_A$ e $\basis_B$ sono
due basi rispettivamente di $A$ e $B$.
\begin{itemize}
\item $A+B = \{\vec{a}+\vec{b} \in V \mid \vec{a} \in A, \vec{b} \in
B\}$ è un sottospazio,
\item $\dim (A+B) = \dim A + \dim B - \dim (A \cap B)$
(\textit{formula di Grassmann}),
\item $A$ e $B$ sono in somma diretta $\iff A \cap B = \zerovecset \iff$ ogni elemento di $A+B$ si scrive in modo unico come somma di
$\vec{a} \in A$ e $\vec{b} \in B \iff \dim (A+B) = \dim A + \dim B$
(in tal caso si scrive $A+B = A\oplus B$),
\item $\dim V/A = \dim V - \dim A$ (è sufficiente applicare il
teorema del rango alla proiezione al quoziente),
\item $\dim V \times W = \dim V + \dim W$ ($\basis_V \times \{\vec{0}_W\} \cup \{\vec{0}_V\} \times \basis_W$ è una base
di $V \times W$).
\end{itemize}
Si definisce \textit{immersione} da $V$ in $V \times W$
l'applicazione lineare $i_V$ tale che $i_V(\vec{v}) = (\vec{v}, \vec{0})$.
Si definisce \textit{proiezione} da $V \times W$ in $V$
l'applicazione lineare $p_V$ tale che $p_V(\vec{v}, \vec{w}) = \vec{v}$.
Analogamente si può fare con gli altri spazi del prodotto cartesiano.
Si dice che $B$ è un supplementare di $A$ se $V = A \oplus B \iff
\dim A + \dim B = \dim V \land A \cap B = \zerovecset$. Il supplementare
non è per forza unico. Per trovare un supplementare di $A$ è sufficiente
completare $\basis_A$ ad una base $\basis$ di $V$ e considerare
$\Span(\basis \setminus \basis_A)$.
\subsection{Proprietà generali delle matrici}
Si dice che una matrice $A \in M(n, \KK)$ è singolare se $\det(A) = 0$,
o equivalentemente se non è invertibile. Compatibilmente, si
dice che una matrice $A \in M(n, \KK)$ è non singolare se $\det(A) \neq
0$, ossia se $A$ è invertibile.
Si definisce la matrice trasposta di
$A \in M(m, n, \KK)$, detta $A^\top$, in modo
tale che $A_{ij} = A^\top_{ji}$.
\begin{itemize}
\item $(AB)^\top = B^\top A^\top$,
\item $(A+B)^\top = A^\top + B^\top$,
\item $(\lambda A)^\top = \lambda A^\top$,
\item $(A^\top)^\top = A$,
\item se $A$ è invertibile, $(A^\top)^{-1} = (A^{-1})^\top$,
\item $ \begin{pmatrix}
A
& \rvline & B \\
\hline
C & \rvline &
D
\end{pmatrix}\begin{pmatrix}
E
& \rvline & F \\
\hline
G & \rvline &
H
\end{pmatrix}=\begin{pmatrix}
AE+BG
& \rvline & AF+BH \\
\hline
CE+DG & \rvline &
CF+DH
\end{pmatrix}$.
\end{itemize}
Siano $A \in M(m, n, \KK)$ e $B \in M(n, m, \KK)$.
Si definisce $\GL(n, \KK)$ come il gruppo delle matrici
di taglia $n$ invertibili sulla moltiplicazione matriciale. Si definisce
triangolare superiore una matrice i cui elementi al di sotto
della diagonale sono nulli, mentre si definisce triangolare
inferiore una matrice i cui elementi nulli sono quelli al di sopra
della diagonale.
Si definiscono
\[ Z(M(n, \KK)) = \left\{ A \in M(n, \KK) \mid AB=BA \, \forall B \in M(n, \KK) \right\}, \]
ossia l'insieme delle matrici che commutano con tutte le altre matrici, e
\[ Z_{\GL}(M(n, \KK)) = \left\{ A \in M(n, \KK) \mid AB=BA \, \forall B \in \GL(n, \KK) \right\}, \]
ovvero l'insieme delle matrici che commutano con tutte le matrici
di $\GL(n, \KK)$.
Si definisce $\tr \in M(m, \KK)^*$ come il funzionale che associa
ad ogni matrice la somma degli elementi sulla sua diagonale.
\begin{itemize}
\item $\tr(A^\top) = \tr(A)$,
\item $\tr(AB) = \tr(BA)$,
\item $Z(M(n, \KK)) = \Span(I_n)$,
\item $Z_{\GL}(M(n, \KK)) = \Span(I_n)$.
\end{itemize}
Sia $A \in M(n, \KK)$. Sia $C_A \in \End(M(n, \KK))$ definito in modo
tale che $C_A(B) = AB - BA$. Allora $\Ker C_A = M(n, \KK)
\iff A \in \Span(I_n)$. Siano $I$ un insieme di $n^2$ indici
distinti, allora l'insieme
\[ T = \left\{ A^i \mid i \in I \right\} \]
è linearmente dipendente (è sufficiente notare che
se così non fosse, se $A \notin \Span(I_n)$,
tale $T$ sarebbe base di $M(n, \KK)$, ma
così $\Ker C_A = M(n, \KK) \implies A \in \Span(I_n)$,
\Lightning{}, e che se $A \in \Span(I_n)$, $T$
è chiaramente linearmente dipendente).
In generale esiste sempre un polinomio $p(X) \in \KK[x]$
di grado $n$ tale per cui $p(A) = 0$, dove un tale polinomio
è per esempio il polinomio caratteristico di $p$, ossia $p(\lambda)=
\det(\lambda I_n - A)$ (\textit{teorema di
Hamilton-Cayley}).
\subsection{Rango di una matrice}
Si definisce rango di una matrice $A$ il numero di colonne linearmente
indipendenti di $A$. Siano $A$, $B \in M(m, n, \KK)$.
\begin{itemize}
\item $\rg(A) = \rg(A^\top)$ (i.e. il rango è lo stesso se calcolato
sulle righe invece che sulle colonne),
\item $\rg(A) \leq \min\{m, n\}$ (come conseguenza dell'affermazione
precedente),
\item $\rg(A+B) \leq \rg(A) + \rg(B) \impliedby \Im (A+B) \subseteq
\Im(A) + \Im(B)$,
\item $\rg(A+B) = \rg(A) + \rg(B) \implies \Im(A+B) = \Im(A) \oplus \Im(B)$ (è sufficiente applicare la formula di Grassmann),
\item $\rg(A)$ è il minimo numero di matrici di rango uno che
sommate restituiscono $A$ (è sufficiente usare la proposizione
precedente per dimostrare che devono essere almeno $\rg(A)$),
\item $\rg(A)=1 \implies \exists B \in M(m, 1, \KK)$, $C \in M(1, n, \KK) \mid A=BC$ (infatti $A$ può scriversi come $\begin{pmatrix}[c|c|c]\alpha_1 A^i & \cdots & \alpha_n A^i \end{pmatrix}$ per un certo $i \leq n$ tale che $A^i \neq \vec{0}$).
\end{itemize}
Siano $A \in M(m, n, \KK)$, $B \in M(n, k, \KK)$ e $C \in M(k, t, \KK)$.
\begin{itemize}
\item $\rg(AB) \geq \rg(A) + \rg(B) - n$ (\textit{disuguaglianza
di Sylvester} -- è sufficiente
usare la formula delle dimensioni ristretta alla composizione
$f_A \circ f_B$),
\item $\rg(ABC) \geq \rg(AB) + \rg(BC) - \rg(B)$ (\textit{disuguaglianza di Frobenius}, di cui la proposizione
precedente è un caso particolare con $B = I_n$ e $k=n$),
\item $\rg(AB) = \rg(B) \impliedby \Ker A = \zerovecset$
sufficiente usare la formula delle dimensioni ristretta
alla composizione $f_A \circ f_B$),
\item $\rg(AB) = \rg(A) \impliedby f_B$ surgettiva (come sopra).
\end{itemize}
Sia $A \in M(n, \KK)$.
\begin{itemize}
\item se $A$ è antisimmetrica e il campo su cui si fonda
lo spazio vettoriale non ha caratteristica $2$, allora
$\rg(A)$ è pari,
\item $\rg(A) = n \iff \dim \Ker A = 0 \iff \det(A) \neq 0 \iff A$ è invertibile,
\end{itemize}
\subsection{Sistemi lineari, algoritmo di eliminazione di Gauss ed
SD-equivalenza}
Un sistema lineare di $m$ equazioni in $n$ variabili può essere
rappresentato nella forma $A\vec{x} = B$, dove $A \in M(m, n, \KK)$,
$\vec{x} \in \KK^n$ e $B \in \KK^m$. Un sistema lineare si
dice omogeneo se $B = \vec{0}$. In tal caso l'insieme delle soluzioni del
sistema coincide con $\Ker A = \Ker f_A$, dove $f_A : \KK^n \to \KK^m$ è
l'applicazione lineare indotta dalla matrice $A$. Le soluzioni
di un sistema lineare sono raccolte nel sottospazio affine
$\vec{s} + \Ker A$, dove $\vec{s}$ è una qualsiasi soluzione
del sistema completo.
\begin{itemize}
\item $A\vec{x} = B$ ammette soluzione se e solo se
$B \in \Span(A^1, \ldots, A^n) \iff \Span(A^1, \ldots, A^n, B) =
\Span(A^1, \ldots, A^n) \iff \dim \Span(A^1, \ldots, A^n, B) =
\dim \Span(A^1, \ldots, A^n) \iff
\dim \Im (A \mid B) = \dim \Im A \iff \rg (A \mid B) = \rg (A)$
(\textit{teorema di Rouché-Capelli}),
\item $A\vec{x} = B$, se la ammette, ha un'unica soluzione
se e solo se $\Ker A = \zerovecset \iff \rg A = n$.
\end{itemize}
Si definiscono tre operazioni sulle righe di una matrice $A$:
\begin{enumerate}
\item l'operazione di scambio di riga,
\item l'operazione di moltiplicazione di una riga
per uno scalare non nullo,
\item la somma di un multiplo non nullo di una riga
ad un'altra riga distinta.
\end{enumerate}
Queste operazioni non variano né $\Ker A$$\rg (A)$. Si possono effettuare le stesse medesime operazioni
sulle colonne (variando tuttavia $\Ker A$, ma lasciando
invariato $\Im A$ -- e quindi $\rg (A)$). L'algoritmo di eliminazione di Gauss
procede nel seguente modo:
\begin{enumerate}
\item se $A$ ha una riga, l'algoritmo termina;
\item altrimenti si prenda la prima riga di $A$ con il primo elemento
non nullo e la si scambi con la prima riga di $A$ (in caso
non esista, si proceda all'ultimo passo),
\item per ogni riga di $A$ con primo elemento non nullo,
esclusa la prima, si sottragga un multiplo della prima riga in modo
tale che la riga risultante abbia il primo elemento nullo,
\item si ripeta l'algoritmo considerando come matrice $A$ la
matrice risultante dall'algoritmo senza la prima riga e la
prima colonna (in caso tale matrice non possa esistere,
l'algoritmo termina).
\end{enumerate}
Si definiscono \textit{pivot} di una matrice l'insieme dei primi
elementi non nulli di ogni riga della matrice.
Il rango della matrice iniziale $A$ è pari al numero di \textit{pivot}
della matrice risultante dall'algoritmo di eliminazione di Gauss.
Una matrice che processata dall'algoritmo di eliminazione di Gauss
restituisce sé stessa è detta matrice a scala.
Agendo solo attraverso
operazioni per riga, l'algoritmo di eliminazione di Gauss non
modifica $\Ker A$ (si può tuttavia integrare l'algoritmo con le
operazioni per colonna, perdendo quest'ultimo beneficio).
Agendo
su una matrice a scala con operazioni per riga considerando
la matrice riflessa (ossia dove l'elemento $(1, 1)$ e $(m, n)$ sono
scambiati), si può ottenere una matrice a scala ridotta,
ossia un matrice dove tutti i pivot sono $1$ e dove tutti
gli elementi sulle colonne dei pivot, eccetto i pivot stessi,
sono nulli.
Si definisce:
\[I^{m \times n}_r =
\begin{pmatrix}
I_r
& \rvline & \bigzero \\
\hline
\bigzero & \rvline &
\bigzero
\end{pmatrix} \in M(m, n, \KK). \]
Per ogni applicazione lineare $f : V \to W$, con $\dim V = n$ e
$\dim W = m$ esistono due basi $\basis_V$, $\basis_W$ rispettivamente
di $V$ e $W$ tale che $M^{\basis_V}_{\basis_W}(f) = I^{m \times n}_r$,
dove $r=\rg(f)$ (è sufficiente completare con $I$ a base di $V$ una base
di $\Ker f$ e poi prendere come base di $W$ il completamento di $f(I)$
su una base di $W$).
Si definisce SD-equivalenza la relazione d'equivalenza su
$M(m, n, \KK)$ indotta dalla relazione $A \sim_{SD} B \iff \exists P \in
\GL(m, \KK)$, $Q \in \GL(n, \KK) \mid A=PBQ$. L'invariante completo
della SD-equivalenza è il rango: $\rg(A) = \rg(B) \iff A \sim_{SD} B$
(infatti $\rg(A) = r \iff A \sim_{SD} I^{m \times n}_r$ -- è sufficiente
applicare il cambio di base e sfruttare il fatto che esistono
sicuramente due basi per cui $f_A$ ha $I^{m \times n}_r$ come
matrice associata).
Poiché $I^{m \times n}_r$ ha sempre rango $r$, l'insieme
quoziente della SD-equivalenza su $M(m, n, \KK)$ è il seguente:
\[ M(m, n, \KK)/{\sim_{SD}} = \left\{[\vec{0}], \left[I^{m \times n}_1\right], \ldots, \left[I^{m \times n}_{\min\{m, n\}}\right] \right\}, \]
contenente esattamente $\min\{m, n\}$ elementi. L'unico elemento
di $[\vec{0}]$ è $\vec{0}$ stesso.
\subsubsection{La regola di Cramer}
Qualora $m=n$ e $A$ fosse invertibile (i.e. $\det(A) \neq 0$),
per calcolare il valore di $\vec{x}$ si può applicare
la regola di Cramer.
Si definisce:
\[ A_i^* = \begin{pmatrix}[c|c|c|c|c]
A^1 & \cdots & A^i \to B & \cdots & A^n
\end{pmatrix}, \]
dove si sostituisce alla $i$-esima colonna di $A$ il vettore $B$. Allora
vale la seguente relazione:
\[ \vec{x} = \frac{1}{\det(A)} \begin{pmatrix}
\det(A_1^*) \\ \vdots \\ \det(A_n^*)
\end{pmatrix}. \]
\subsection{L'inverso (generalizzato e non) di una matrice}
Si definisce matrice dei cofattori di una matrice $A \in M(n, \KK)$ la
seguente matrice:
\[ \Cof A = \begin{pmatrix}
\Cof_{1,1}(A) & \ldots & \Cof_{1,n}(A) \\
\vdots & \ddots & \vdots \\
\Cof_{n,1}(A) & \ldots & \Cof_{n,n}(A),
\end{pmatrix}, \]
dove, detta $A_{i,j}$ il minore di $A$ ottenuto eliminando
la $i$-esima riga e la $j$-esima colonna, si definisce il cofattore (o
complemento algebrico) nel seguente modo:
\[ \Cof_{i,j}(A) = (-1)^{i+j} \det( A_{i, j}). \]
Si definisce inoltre l'aggiunta classica:
\[ \adj(A) = (\Cof A)^\top. \]
Allora, se $A$ ammette un inverso (i.e. se $\det(A) \neq 0$),
vale la seguente relazione:
\[ A^{-1} = \frac{1}{\det(A)} \adj(A). \]
\vskip 0.05in
Quindi, per esempio, $A^{-1}$ è a coefficienti
interi $\iff \det(A) = \pm 1$.
Siano $A$, $B \in M(n, \KK)$.
\begin{itemize}
\item $\adj(AB) = \adj(B)\adj(A)$,
\item $\adj(A^\top) = \adj(A)^\top$.
\end{itemize}
Si definisce inverso generalizzato di una matrice $A \in M(m, n, \KK)$
una matrice $X \in M(n, m, \KK) \mid AXA=A$. Ogni matrice ammette
un inverso generalizzato (è sufficiente considerare gli inversi
generalizzati di $I^{m \times n}_r$ e la SD-equivalenza di $A$
con $I^{m \times n}_r$, dove $\rg(A)=r$). Se $m=n$ ed $A$ è invertibile, allora
$A^{-1}$ è l'unico inverso generalizzato di $A$. Gli inversi
generalizzati di $I^{m \times n}_r$ sono della forma:
\[X =
\begin{pmatrix}
I_r
& \rvline & B \\
\hline
C & \rvline &
D
\end{pmatrix} \in M(m, n, \KK). \]
\subsection{Endomorfismi e similitudine}
Si definisce la similitudine tra matrici su $M(n, \KK)$ come la relazione
di equivalenza determinata da $A \sim B \iff \exists P \in \GL(n, \KK)
\mid A = PBP^{-1}$. $A \sim B \implies \rg(A)=\rg(B)$, $\tr(A)=\tr(B)$,
$\det(A)=\det(B)$, $P_\lambda(A) = P_\lambda(B)$ (invarianti \textit{non completi} della similitudine).
Vale inoltre che $A \sim B \iff A$ e $B$ hanno la stessa forma
canonica di Jordan, a meno di permutazioni dei blocchi di Jordan
(invariante \textit{completo} della similitudine). La matrice
identità è l'unica matrice identica a sé stessa.
Sia $p \in \End(V)$. Si dice che un endomorfismo è un automorfismo
se è un isomorfismo. Siano $\basis$, $\basis'$ due qualsiasi
basi di $V$.
\begin{itemize}
\item $p$ automorfismo $\iff p$ iniettivo $\iff p$ surgettivo (è
sufficiente applicare la formula delle dimensioni),
\item $M^\basis_{\basis'}(id_V) M^{\basis'}_\basis(id_V)
= I_n$ (dunque entrambe le matrici sono invertibili e sono
l'una l'inverso dell'altra),
\item se $p$ è un automorfismo, $M^\basis_{\basis'}(p^{-1}) =
M^{\basis'}_\basis(p)^{-1}$,
\item $M^\basis_{\basis}(p) = \underbrace{M^{\basis'}_\basis (id_V)}_{P} \,
M^{\basis'}_{\basis'}(p) \,
\underbrace{M^{\basis}_{\basis'} (id_V)}_{P^{-1}}$ (ossia
$M^\basis_{\basis}(p) \sim M^{\basis'}_{\basis'}(p)$).
\end{itemize}
$M^\basis_{\basis'}(id_V) M^{\basis'}_\basis(id_V)
= I_n$. Dunque entrambe le matrici sono invertibili. Inoltre
$M^\basis_\basis(id_V) = I_n$.
\subsubsection{Duale, biduale e annullatore}
Si definisce duale di uno spazio vettoriale $V$ lo
spazio $\dual{V} = \mathcal{L}(V, \KK)$, i cui elementi
sono detti funzionali. Analogamente
il biduale è il duale del duale di $V$: $\bidual{V} = \dual{(\dual{V})} = \mathcal{L}(\dual{V}, \KK)$.
Sia data una base $\basis = \{\vec{v_1}, \ldots, \vec{v_n}\}$ di
uno spazio vettoriale $V$ di dimensione $n$. Allora $\dim \dual{V}
= \dim \mathcal{L}(V, \KK) = \dim V \cdot \dim \KK = \dim V$. Si definisce
il funzionale $\dual{\vec{v_i}}$ come l'applicazione lineare
univocamente determinata dalla relazione:
\[ \dual{\vec{v_i}}(\vec{v_j}) = \delta_{ij}. \]
\vskip 0.05in
Sia $\basis^* = \{\vec{v_1}^*, \ldots, \vec{v_n}^*\}$. Allora
$\basis^*$ è una base di $\dual{V}$. Poiché $V$ e $\dual{V}$
hanno la stesso dimensione, tali spazi sono isomorfi, sebbene
non canonicamente. Ciononostante, $V$ e $\bidual{V}$ sono
canonicamente isomorfi tramite l'isomorfismo:
\[ \bidual{\varphi} : V \to \bidual{V}, \; \vec{v} \mapsto \restr{\val}{\dual{V}}, \]
che associa ad ogni vettore $\vec{v}$ la funzione
di valutazione in una funzionale in $\vec{v}$, ossia:
\[ \restr{\val}{\dual{V}} : \dual{V} \to \KK, \; f \mapsto f(\vec{v}). \]
Sia $U \subseteq V$ un sottospazio di $V$.
Si definisce il sottospazio di $\mathcal{L}(V, W)$:
\[ \Ann_{\mathcal{L}(V, W)}(U) = \left\{ f \in \mathcal{L}(V, W) \mid f(U) = \zerovecset \right\}. \]
Se $V$ è a dimensione finita, la dimensione di
$\Ann(U)$ è pari a $(\dim V - \dim U) \cdot \dim W$ (è sufficiente
prendere una base di $U$, completarla a base di $V$ e
notare che $f(U) = \zerovecset \iff$ ogni valutazione
in $f$ degli elementi della base di $U$ è nullo $\iff$ la matrice
associata di $f$ ha tutte colonne nulle in corrispondenza degli
elementi della base di $U$).
Si scrive semplicemente $\Ann(U)$ quando $W=\KK$ (ossia
quando le funzioni sono funzionali di $V$). In tal
caso $\dim \Ann(U) = \dim V - \dim U$.
\begin{itemize}
\item $\bidual{\varphi}(U) \subseteq \Ann(\Ann(U))$,
\item se $V$ è a dimensione finita, $\bidual{\varphi}(U) = \bidual{U} = \Ann(\Ann(U))$ (è sufficiente
applicare la formula delle dimensioni $\restr{\bidual{\varphi}}{U}$ e notare l'uguaglianza
tra le due dimensioni),
\item se $V$ è a dimensione finita e $W$ è un altro
sottospazio di $V$,
$U = W \iff \Ann(U) = \Ann(W)$ (è sufficiente
considerare $\Ann(\Ann(U)) = \Ann(\Ann(W))$ e
applicare la proposizione precedente, ricordandosi
che $\bidual{\varphi}$ è un isomorfismo, ed è
dunque iniettivo).
\end{itemize}
Si definisce l'applicazione trasposta $^\top$ da $\mathcal{L}(V, W)$ a
$\mathcal{L}(\dual{W}, \dual{V})$ in modo tale che $f^\top(g)
= g \circ f \in \dual{V}$. Siano $f$, $g \in \mathcal{L}(V,W)$ e
sia $h \in \mathcal{L}(W,Z)$.
\begin{itemize}
\item $(f+g)^\top = f^\top + g^\top$,
\item $(\lambda f)^\top = \lambda f^\top$,
\item se $f$ è invertibile, $(f^{-1})^\top = (f^\top)^{-1}$,
\item $(h \circ f)^\top = f^\top \circ h^\top$.
\end{itemize}
Siano $\basis_V$, $\basis_W$ due basi rispettivamente di $V$ e
di $W$. Allora vale la seguente relazione:
\[ M^{\basis_W^*}_{\basis_V^*}(f^\top) = M^{\basis_V}_{\basis_W}(f)^\top. \]
\subsection{Applicazioni multilineari}
Sia $f : V_1 \times \ldots \times V_n \to W$ un'applicazione, dove
$V_i$ è uno spazio vettoriale $\forall i \leq n$, così come $W$. Tale
applicazione si dice $n$-lineare ed appartiene allo spazio
$\Mult(V_1 \times \ldots \times V_n, W)$, se è lineare in ogni sua coordinata, ossia se:
\begin{itemize}
\item $f(x_1, \ldots, x_i + y_i, \ldots, x_n) =
f(x_1, \ldots, x_i, \ldots, x_n) + f(x_1, \ldots, y_i, \ldots, x_n)$,
\item $f(x_1, \ldots, \alpha x_i, \ldots, x_n) = \alpha f(x_1, \ldots, x_i, \ldots, x_n)$.
\end{itemize}
Sia $W=\KK$, e siano tutti gli spazi $V_i$ fondati su tale campo: allora
$\Mult(V_1 \times \ldots \times V_n, \KK)$ si scrive anche come $V_1^* \otimes \ldots \otimes V_n^*$, e tale spazio
è detto prodotto tensoriale tra $V_1$, ..., $V_n$.
Sia $V_i$ di dimensione finita $\forall i \leq n$. Siano $\basis_{V_i} = \left\{ \vec{v^{(i)}_1}, \ldots, \vec{v^{(i)}_{k_i}} \right\}$ base
di $V_i$, dove $k_i = \dim V_i$.
Si definisce l'applicazione $n$-lineare $\dual{\vec{v^{(1)}_{j_1}}}
\otimes \cdots \otimes \dual{\vec{v^{(n)}_{j_n}}}\in \Mult(V_1 \times \ldots
\times V_n, \KK)$ univocamente determinata dalla relazione:
\[ \dual{\vec{v^{(1)}_{j_1}}} \otimes \cdots \otimes \dual{\vec{v^{(n)}_{j_n}}}(\vec{w_1}, \ldots, \vec{w_n}) = \dual{\vec{v^{(1)}_{j_1}}}(\vec{w_1}) \cdots \dual{\vec{v^{(n)}_{j_n}}}(\vec{w_n}). \]
Si definisce l'insieme $\basis_{\otimes}$ nel seguente modo:
\[ \basis_{\otimes} = \left\{ \dual{\vec{v^{(1)}_{j_1}}} \otimes \cdots \otimes \dual{\vec{v^{(n)}_{j_n}}} \mid 1 \leq j_1 \leq k_1, \, \ldots, \, 1 \leq j_n \leq k_n \right\}. \]
Poiché ogni applicazione $n$-lineare è univocamente determinata
dai valori che assume ogni combinazione degli elementi delle basi
degli spazi $V_i$, vi è un isomorfismo tra $\Mult(V_1 \times \ldots
\times V_n, \KK)$ e $\KK^{\basis_{V_1} \times \cdots \times \basis_{V_n}}$, che ha dimensione $\prod_{i=1}^n k_i = k$. Pertanto
anche $\dim \Mult(V_1 \times \ldots \times V_n, \KK) = k$.
Poiché $\basis_{\otimes}$ genera $\Mult(V_1 \times \ldots
\times V_n, \KK)$ e i suoi elementi sono tanti quanto è la
dimensione dello spazio, tale insieme è una base di $\Mult(V_1 \times
\ldots \times V_n, \KK)$.
Se $V_i = V_1 = V$ $\forall i \leq n$, si dice che $\Mult(V^n, \KK)$
è lo spazio delle forme $n$-lineari di $V$.
\subsubsection{Applicazioni multilineari simmetriche}
Sia $V$ uno spazio di dimensione $n$. Una
forma $k$-lineare $f$ si dice simmetrica
ed appartiene allo spazio $\Sym^k(V)$ se:
\[ f(\vec{x_1}, \ldots, \vec{x_k}) = f(\vec{x_{\sigma(1)}}, \ldots, \vec{x_{\sigma(k)}}), \quad \forall \sigma \in S_k. \]
Poiché ogni applicazione $n$-lineare simmetrica è univocamente
determinata dai valori che assume negli elementi della base
disposti in modo non decrescente, $\dim \Sym^k(V) = \binom{n+k-1}{k}$.
Sia $\basis = \{\vec{v_1}, \ldots, \vec{v_n}\}$ una base
di $V$. Dato un insieme di indici non decrescente $I$,
si definisce il prodotto simmetrico (o \textit{prodotto vee})
$\dual{\vec{v_{i_1}}} \vee \cdots \vee \dual{\vec{v_{i_k}}}$
tra elementi della base come la forma $k$-lineare simmetrica
determinata dalla relazione:
\[ \dual{\vec{v_{i_1}}} \vee \cdots \vee \dual{\vec{v_{i_k}}} = \sum_{\sigma \in S_k} \dual{\vec{v_{i_{\sigma(1)}}}} \otimes \cdots \otimes \dual{\vec{v_{i_{\sigma(k)}}}}. \]
Si definisce l'insieme:
\[\basis_{\Sym} = \left\{ \dual{\vec{v_{i_1}}} \vee \cdots \vee \dual{\vec{v_{i_k}}} \mid 1 \leq i_1 \leq \cdots \leq i_k \leq n \right\}. \]
L'insieme $\basis_{\Sym}$ è sia generatore che linearmente
indipendente su $\Sym^k(V)$, ed è dunque base. Allora
$\dim \Sym^k(V) = \binom{n+k-1}{k}$.
\subsubsection{Applicazioni multilineari alternanti}
Sia $V$ uno spazio di dimensione $n$. Una forma
$k$-lineare $f$ si dice alternante (o antisimmetrica)
ed appartiene allo spazio $\Lambda^k(V)$ (talvolta scritto
come $\operatorname{Alt}^k(V)$) se:
\[ f(x_1, \ldots, x_k) = 0 \impliedby \exists \, i, j \leq k \mid x_i = x_j. \]
\vskip 0.05in
Questo implica che:
\[ f(x_1, \ldots, x_k) = \sgn(\sigma) f(x_{\sigma(1)}, \ldots, x_{\sigma(n)}), \quad \forall \sigma \in S_k \]
Se $k > n$, un argomento della base di $V$ si ripete sempre nel
computo $f$ negli elementi della base, e quindi ogni alternante è
pari a $\vec{0}$, ossia $\dim \Lambda^k(V) = 0$.
Sia $\basis = \{\vec{v_1}, \ldots, \vec{v_n}\}$ una base
di $V$. Dato un insieme di indici crescente $I$,
si definisce il prodotto esterno (o \textit{prodotto wedge})
$\dual{\vec{v_{i_1}}} \wedge \cdots \wedge \dual{\vec{v_{i_k}}}$
tra elementi della base come la forma $k$-lineare alternante
determinata dalla relazione:
\[ \dual{\vec{v_{i_1}}} \wedge \cdots \wedge \dual{\vec{v_{i_k}}} = \sum_{\sigma \in S_k} \sgn(\sigma) \, \dual{\vec{v_{i_{\sigma(1)}}}} \otimes \cdots \otimes \dual{\vec{v_{i_{\sigma(k)}}}}. \]
Si definisce l'insieme:
\[\basis_{\Lambda} = \left\{ \dual{\vec{v_{i_1}}} \wedge \cdots \wedge \dual{\vec{v_{i_k}}} \mid 1 \leq i_1 < \cdots < i_k \leq n \right\}. \]
L'insieme $\basis_{\Lambda}$ è sia generatore che linearmente
indipendente su $\Lambda^k(V)$, ed è dunque base. Allora
$\dim \Lambda^k(V) = \binom{n}{k}$. Riassumendo si può scrivere:
\[\dim \Lambda^k(V) = \begin{cases} 0 & \text{se } k > n\,, \\ \binom{n}{k} & \text{altrimenti}. \end{cases}\]
Quindi è quasi sempre vero che:
\[ \underbrace{\dim \Sym^k(V)}_{= \, \binom{n+k-1}{k}} + \underbrace{\dim \Lambda^k(V)}_{\leq \, \binom{n}{k}} < \underbrace{\dim \Mult(V^k, \KK)}_{=\,n^k}, \]
e dunque che $\Sym^k(V) + \Lambda^k(V) \neq \Mult(V^k, \KK)$.
\subsection{Determinante di una matrice}
Si definisce il determinante $\det$ di una matrice di taglia
$n \times n$ come l'unica forma $n$-lineare alternante di $(\KK^n)^n$
tale che $\det(\vec{e_1}, \ldots, \vec{e_n}) = 1$ (infatti
$\dim \Lambda^n (V) = \binom{n}{n} = 1$, e quindi ogni forma
alternante è multipla delle altre, eccetto per lo zero).
Equivalentemente $\det = \dual{\vec{e_1}} \, \wedge \cdots \wedge \, \dual{\vec{e_n}}$.
Siano $A$, $B \in M(n, \KK)$. Si scrive
$\det(A)$ per indicare $\det(A_1, \ldots, A_n)$. Vale pertanto la
seguente relazione:
\[ \det(A) = \sum_{\sigma \in S_n} \sgn(\sigma) \, a_{1\sigma(1)} \cdots a_{n\sigma(n)}. \]
\begin{itemize}
\item $\det(I_n) = 1$,
\item $\det \begin{pmatrix}
a & b \\ c & d
\end{pmatrix} = ad-bc$,
\item $\det \begin{pmatrix}
a & b & c \\ d & e & f \\ g & h & i
\end{pmatrix} = a(ei-fh) - b(di-fg) + c(dh-eg)$,
\item $\det(A) \neq 0 \iff A$ invertibile (ossia non singolare),
\item $\det(\lambda A) = \lambda^n A$,
\item $\det(A) = \det(A^\top)$ (è sufficiente applicare la definizione
di $\det$ e manipolare algebricamente il risultato per evidenziare
l'uguaglianza),
\item se $A$ è antisimmetrica, $n$ è dispari e $\Char \KK \neq 2$,
$\det(A) = \det(-A^\top) = (-1)^n \det(A^\top) = (-1)^n \det(A) = -\det(A) \implies \det(A) = 0$ (quindi ogni matrice antisimmetrica di taglia
dispari non è invertibile),
\item $\det(AB) = \det(A)\det(B)$ (\textit{teorema di Binet} -- è
sufficiente considerare la forma $\frac{\det(AB)}{\det(B)}$ in
funzione delle righe di $A$ e determinare che tale forma
è alternante e che vale $1$ nell'identità, e che, per l'unicità
del determinante, deve obbligatoriamente essere pari a
$\det(A)$),
\item se $A$ è invertibile, $\det(A^{-1}) = \det(A)^{-1}$,
\item $\det \begin{pmatrix}
\lambda_{1} & & \\
& \ddots & \\
& & \lambda_{n}
\end{pmatrix} = \det(\lambda_1 \vec{e_1}, \ldots, \lambda_n \vec{e_n}) = \prod_{i=1}^n \lambda_i$,
\item se $A$ è triangolare superiore (o inferiore), allora $\det(A)$ è
il prodotto degli elementi sulla sua diagonale principale,
\item $\det(A_1, \ldots, A_n) = \sgn(\sigma) \det(A_{\sigma(1)}, \ldots, A_{\sigma(n)})$, $\forall \sigma \in S_n$ (infatti $\det$ è alternante),
\item $\det \begin{pmatrix}
A
& \rvline & B \\
\hline
C & \rvline &
D
\end{pmatrix} = \det(AD-BC)$, se $C$ e $D$ commutano e $D$ è invertibile,
\item $\det \begin{pmatrix}
A
& \rvline & B \\
\hline
0 & \rvline &
C
\end{pmatrix} = \det(A)\det(C)$,
\item se $A$ è nilpotente (ossia se $\exists k \mid A^k = 0$),
$\det(A) = 0$,
\item se $A$ è idempotente (ossia se $A^2 = A$), allora
$\det(A) = 1$ o $\det(A) = 0$,
\item se $A$ è ortogonale (ossia se $AA^\top = I_n$), allora
$\det(A) = \pm 1$,
\item se $A$ è un'involuzione (ossia se $A^2 = I_n$), allora
$\det(A) = \pm 1$,
\end{itemize}
Le operazioni del terzo tipo dell'algoritmo di eliminazione
di Gauss (ossia l'aggiunta a una riga di un multiplo di un'altra
riga -- a patto che le due righe siano distinte) non alterano il
determinante della matrice iniziale, mentre lo scambio di righe
ne inverte il segno (corrisponde a una trasposizione di $S_n$).
L'operazione del secondo tipo (la moltiplicazione di una riga
per uno scalare) altera il determinante moltiplicandolo per
tale scalare.
Inoltre, se $D$ è invertibile, vale la seguente scomposizione:
\[ \begin{pmatrix}
A
& \rvline & B \\
\hline
C & \rvline &
D
\end{pmatrix} = \begin{pmatrix}
I_k
& \rvline & BD^{-1} \\
\hline
0 & \rvline &
I_k
\end{pmatrix}
\begin{pmatrix}
A-BD^{-1}C
& \rvline & 0 \\
\hline
0 & \rvline &
D
\end{pmatrix}
\begin{pmatrix}
I_k
& \rvline & 0 \\
\hline
D^{-1}C & \rvline &
I_k
\end{pmatrix}, \]
dove $k \times k$ è la taglia di $A$. Pertanto vale
la seguente relazione, sempre se $D$ è invertibile:
\[ \det \begin{pmatrix}
A
& \rvline & B \\
\hline
C & \rvline &
D
\end{pmatrix} = \det(A-BD^{-1}C)\det(D). \]
È possibile computare il determinante di $A$, scelta la riga $i$, mediante lo
sviluppo di Laplace:
\[ \det(A) = \sum_{j=1}^n a_{ij} \Cof_{i,j}(A) = \sum_{j=1}^n (-1)^{i+j} a_{ij} \det(A_{i,j}). \]
Si definisce matrice di Vandermonde una matrice $A \in M(n, \KK)$ della
forma:
\[ A = \begin{pmatrix}
1 & x_1 & x_1^2 & \dots & x_1^{n-1}\\
1 & x_2 & x_2^2 & \dots & x_2^{n-1}\\
\vdots & \vdots & \vdots & \ddots &\vdots \\
1 & x_n & x_n^2 & \dots & x_n^{n-1}.
\end{pmatrix} \]
Vale allora che:
\[ \det(A) = \prod_{1 \leq i < j \leq n} (x_j - x_i), \]
verificabile notando che $\det(A)$ è di grado $\frac{n(n-1)}{2}$ e
che ponendo $x_i = x_j$ per una coppia $(i, j)$, tale matrice
ha due righe uguali, e quindi determinante nullo $\implies (x_j - x_i) \mid \det(A) \overbrace{\implies}^{\text{UFD}} \det(A) = \prod_{1 \leq i < j \leq n} (x_j - x_i) $.
Pertanto una matrice di Vandermonde è invertibile se e solo se la sua
seconda colonna contiene tutti scalari distinti nelle coordinate. Tale
matrice risulta utile nello studio dell'interpolazione di Lagrange
(ossia nella dimostrazione dell'unicità del polinomio di $n-1$ grado
tale che $p(\alpha_i) = \beta_i$ per $i$ coppie ($\alpha_i$, $\beta_i$) con
$\alpha_i$ tutti distinti).
\subsection{Autovalori e diagonalizzabilità}
Sia $f \in \End(V)$. Si dice che $\lambda \in \KK$ è un autovalore
di $f$ se e solo se $\exists \vec{v} \neq \vec{0}$, $\vec{v} \in V$
tale che $f(\vec{v}) = \lambda \vec{v}$, e in tal caso si dice
che $\vec{v}$ è un autovettore relativo a $\lambda$. Un autovalore
è tale se esiste una soluzione non nulla a $(f - \lambda \Idv) \vec{v} = \vec{0}$, ossia se e solo se:
\[\det(f - \lambda \Idv) = 0. \]
Questa relazione è ben definita dacché il determinante è invariante
per qualsiasi cambio di base applicato ad una matrice associata
di $f$. Si definisce allora $p_f(\lambda) = \det(f - \lambda \Idv)$,
detto polinomio caratteristico di $f$, ancora invariante per
matrici associate a $f$. Si denota inoltre con
spettro di $f$ l'insieme $sp(f)$ degli autovalori di $f$ e con
$V_\lambda = \Ker(f - \lambda \Idv)$ lo spazio degli autovettori
relativo a $\lambda$, detto autospazio di $\lambda$.
Si definisce la molteplicità algebrica $\mu_{a,f}(\lambda)$ di un autovalore
$\lambda$ come la molteplicità che assume come radice del polinomio
$p_f(\lambda)$. Si definisce la molteplicità geometrica
$\mu_{g,f}(\lambda)$ di un autovalore $\lambda$ come la dimensione
del suo autospazio $V_\lambda$. Quando è noto l'endomorfismo
che si sta considerando si omette la dicitura $f$ nel pedice delle
molteplicità.
\begin{itemize}
\item $p_f(\lambda)$ ha sempre grado $n = \dim V$,
\item $p_f(\lambda)$ è sempre monico a meno del segno,
\item il coefficiente di $\lambda^n$ è sempre $(-1)^n$,
\item il coefficiente di $\lambda^{n-1}$ è $(-1)^{n+1} \tr(f)$,
\item il termine noto di $p_f(\lambda)$ è $\det(f - 0 \cdot \Idv) = \det(f)$,
\item poiché $p_f(\lambda)$ appartiene all'anello euclideo $\KK[\lambda]$, che è dunque un UFD, esso ammette al più
$n$ radici,
\item $sp(f)$ ha al più $n$ elementi, ossia esistono al massimo
$n$ autovalori (dalla precedente considerazione),
\item se $\KK = \CC$ e $\charpoly{f} \in \RR[\lambda]$, $\lambda \in
sp(f) \iff \overline{\lambda} \in sp(f)$ (infatti $\lambda$ è
soluzione di $\charpoly{f}$, e quindi anche $\overline{\lambda}$
deve esserne radice, dacché i coefficienti di $\charpoly{f}$ sono
in $\RR$),
\item se $\KK$ è un campo algebricamente chiuso, $p_f(\lambda)$
ammette sempre almeno un autovalore distinto (o esattamente
$n$ se contati con molteplicità),
\item $0 \in sp(f) \iff \dim \Ker f > 0 \iff \rg f < 0 \iff \det(f) = 0$,
\item autovettori relativi ad autovalori distinti sono sempre
linearmente indipendenti,
\item dati $\lambda_1$, ..., $\lambda_k$ autovalori di $f$,
gli spazi $V_{\lambda_1}$, ..., $V_{\lambda_k}$ sono sempre
in somma diretta,
\item $\sum_{i=1}^k \mu_a(\lambda_i)$ corrisponde al numero
di fattori lineari di $p_f(\lambda)$,
\item $\sum_{i=1}^k \mu_a(\lambda_i) = n \iff$ $p_f(\lambda)$
è completamente fattorizzabile in $\KK[\lambda]$,
\item vale sempre la disuguaglianza $n \geq \mu_a(\lambda) \geq
\mu_g(\lambda) \geq 1$ (è sufficiente considerare una
base di $V_\lambda$ estesa a base di $V$ e calcolarne il
polinomio caratteristico sfruttando i blocchi della matrice
associata, notando che $\mu_g(\lambda)$ deve forzatamente essere
minore di $\mu_a(\lambda)$),
\item vale sempre la disuguaglianza $n \geq \sum_{i=1}^k \mu_a(\lambda_i) \geq \sum_{i=1}^k \mu_g(\lambda_i)$,
\item se $W \subseteq V$ è un sottospazio $f$-invariante,
allora $\charpolyrestr{f}{W} \mid p_f(\lambda)$\footnote{lavorando
su endomorfismi, la notazione $\restr{f}{W}$ è impiegata per
considerare $f$ ristretta a $W$ sia sul dominio che sul codominio.} (è sufficiente
prendere una base di $W$ ed estenderla a base di $V$, considerando
poi la matrice associata in tale base, che è a blocchi),
\item se $W \subseteq V$ è un sottospazio $f$-invariante,
ed estesa una base $\basis_W$ di $W$ ad una $\basis$ di $V$,
detto $U = \Span(\basis \setminus \basis_W)$ il supplementare di $W$ che si ottiene da tale base $\basis$, vale
che $\charpoly{f} = \charpolyrestr{f}{W} \cdot \charpoly{\hat{f}}$,
dove $\hat{f} : V/W \to V/W$ è tale che $\hat{f}(\vec{u} + W) = f(\vec{u}) + W$ (come prima, è sufficiente considerare una matrice
a blocchi),
\item se $V = W \oplus U$, dove sia $W$ che $U$ sono $f$-invarianti,
allora $\charpoly{f} = \charpolyrestr{f}{W} \cdot \charpolyrestr{f}{U}$ (la matrice associata in un'unione di basi
di $W$ e $U$ è infatti diagonale a blocchi).
\end{itemize}
Si dice che $f$ è diagonalizzabile se $V$ ammette una base per cui
la matrice associata di $f$ è diagonale, o equivalentemente se,
dati $\lambda_1$, ..., $\lambda_k$ autovalori di $f$, si verifica
che:
\[ V = V_{\lambda_1} \oplus \cdots \oplus V_{\lambda_k}. \]
Ancora in modo equivalente si può dire che $f$ è diagonalizzabile
se e solo se:
\[ \begin{cases} \sum_{i=1}^k \mu_a(\lambda_i) = n, \\ \mu_g(\lambda_i) = \mu_a(\lambda_i) \; \forall 1 \leq i \leq k, \end{cases} \]
ossia se il polinomio caratteristico è completamente fattorizzabile
in $\KK[\lambda]$ (se non lo fosse, la somma diretta
$V_{\lambda_1} \oplus \cdots \oplus V_{\lambda_k}$ avrebbe
forzatamente dimensione minore di $V$, ed esisterebbero altri
autovalori in un qualsiasi campo di spezzamento di $p_f(\lambda)$) e se $\sum_{i=1}^k \mu_g(\lambda_i) = n$. Tale condizione, in un
campo algebricamente chiuso, si riduce a $\mu_g(\lambda_i) = \mu_a(\lambda_i)$, $\forall 1 \leq i \leq k$.
Considerando la forma canonica di Jordan di $f$, si osserva anche
che $f$ è diagonalizzabile se e solo se per ogni autovalore la
massima taglia di un blocco di Jordan è esattamente $1$, ossia
se il polinomio minimo di $f$ è un prodotto di fattori lineari
distinti.
Data $f$ diagonalizzabile, la matrice diagonale $J$ a cui $f$ è
associata è, dati gli autovalori $\lambda_1$, ..., $\lambda_k$,
una matrice diagonale dove $\lambda_i$ compare sulla diagonale
esattamente $\mu_g(\lambda_i)$ volte.
Data $A \in M(n, \KK)$, $A$ è diagonalizzabile se e solo se $f_A$,
l'applicazione indotta dalla matrice $A$, è diagonalizzabile,
ossia se $A$ è simile ad una matrice diagonale $J$, computabile
come prima. Si scrive in particolare $p_A(\lambda)$ per indicare
$p_{f_A}(\lambda)$.
Una matrice $P \in \GL(M(n, \KK))$
tale che $A = P J P\inv$, è tale che $AP = PJ$: presa la $i$-esima
colonna, allora, $AP^{(i)} = PJ^{(i)} = P^{(i)}$; ossia è sufficiente
costruire una matrice $P$ dove l'$i$-esima colonna è un autovettore
relativo all'autovalore presente in $J_{ii}$ linearmente indipendente
con gli altri autovettori presenti in $P$ relativi allo stesso
autovalore (esattamente nello stesso modo in cui si costruisce in
generale tale $P$ con la forma canonica di Jordan).
Se $A$ e $B$ sono diagonalizzabili, allora $A \sim B \iff p_A(\lambda) =
p_B(\lambda)$ (infatti due matrici diagonali hanno lo stesso polinomio
caratteristico se e solo se compaiono gli stessi identici autovalori).
Se $f$ è diagonalizzabile, allora ogni spazio $W$ $f$-invariante di
$V$ è tale che:
\[ W = (W \cap V_{\lambda_1}) \oplus \cdots \oplus (W \cap V_{\lambda_k}), \]
dove $\lambda_1$, ..., $\lambda_k$ sono gli autovalori distinti di
$f$.
Due endomorfismi $f$, $g \in \End(V)$ diagonalizzabili si dicono simultaneamente diagonalizzabili se esiste una base $\basis$ di $V$
tale per cui sia la matrice associata di $f$ in $\basis$ che quella
di $g$ sono diagonali. Vale in particolare che $f$ e $g$ sono
simultaneamente diagonalizzabili se e solo se $f \circ g = g \circ f$.
Per trovare tale base è sufficiente, dati $\lambda_1$, ...,
$\lambda_k$ autovalori di $f$, considerare $\restr{g}{V_{\lambda_i}}$
$\forall 1 \leq i \leq k$ ($V_{\lambda_i}$ è infatti $g$-invariante,
dacché, per $\vec{v} \in V_{\lambda_i}$, $f(g(\vec{v})) =
g(f(\vec{v})) = g(\lambda_i \vec{v}) = \lambda_i g(\vec{v}) \implies
g(\vec{v}) \in V_{\lambda_i}$), che, essendo una restrizione di
un endomorfismo diagonalizzabile su un sottospazio invariante, è diagonalizzabile: presa allora
una base di autovettori di $\restr{g}{V_{\lambda_i}}$, questi sono
anche base di autovettori di $V_{\lambda_i}$; unendo tutti questi
autovettori in un'unica base $\basis$ di $V$, si otterrà dunque
che una base in cui le matrici associate di $f$ e $g$ sono diagonali.
%\item vale sempre che $p_f(f) = 0$ (teorema di Hamilton-Cayley --
% data una matrice associata $A$ di $f$, è sufficiente studiare
% l'identità
% $(A-\lambda I_n) \cdot \adj(A-\lambda I_n) = p_f(\lambda) I_n$)
\vfill
\hrule
~\\
Gabriel Antonio Videtta, \url{https://poisson.phc.dm.unipi.it/~videtta/}
\end{multicols}
\end{document}